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Una forma di sostanza

Macchine Utensili Intervista Marzo 2008
Nel progettare il design di una macchina utensile gli aspetti estetici sono fondamentali, quanto le scelte tecniche che determinano l’intervento. In questo settore infatti il design rappresenta sia una soluzione tecnica sia un elemento di comunicazione delle prestazioni della macchina

Quando in una macchina utensile interviene il design, la forma diventa sostanza. La realizzazione della sua carrozzeria, infatti, prevede una forte integrazione tra industrial design e progettazione meccanica, tra i concetti di comunicazione di prodotto espressi dal design e l’engineering necessario per tradurli in un perfetto prodotto industriale. Così la pensa, non a caso, Paolo Perbellini, che questo mestiere lo fa da tempo, da quando nel 1998 il suo studio, Fishform di Verona, ha firmato il primo progetto di carrozzeria per una macchina curvatubi. Da allora questo settore, che oggi rappresenta l’80% della sua attività, non lo ha più abbandonato.

Quale ruolo svolge il design nella produzione delle macchine utensili?
Quando si parla di design si fa riferimento alla carrozzeria della macchina utensile, quindi alla necessità di “carterare” organi in movimento in una forma estetica appetibile. Si tratta di un intervento che può essere definito necessario nella funzione e discriminante nella forma.
In questo settore, il ruolo del design non riguarda l’estetica in sé, ma la determinante possibilità di elevare la carrozzeria a elemento di comunicazione della qualità e delle prestazioni della macchina utensile.
Il design di una macchina utensile, dunque, contribuisce a migliorare il giudizio sulla qualità del prodotto e sulla sua immagine?
Senza dubbio. Una bella carrozzeria crea aspettativa, dà la sensazione che quella macchina funzioni bene, ancor prima di accenderla. La coordinazione stilistica tra le diverse tipologie di prodotto è inoltre un ulteriore rafforzativo dell’affidabilità sia dello stesso prodotto sia dell’azienda che lo produce.
Per esempio nel settore automobilistico, la coordinazione stilistica – l’identity family – applicata dai produttori sui diversi modelli di gamma, crea una “sinergia comunicativa”, per cui ogni modello sostiene l’altro, determinando affidabilità nel prodotto e nel marchio. Inoltre il design ricopre un ruolo fondamentale nel supportare le innovazioni tecniche applicate ai prodotti.
Che cosa succederebbe infatti se un nuovo modello di automobile fosse presentato “dentro” la carrozzeria di quello precedente?

Che cosa le chiedono principalmente i clienti?
Di “carterare” la macchina, perché la soluzione del problema funzionale in questo settore è sempre e comunque prioritaria. Infatti il design, l’aspetto della macchina nella sua nuova veste estetica, nelle fasi di avanzamento del progetto ha sicuramente un forte impatto. A questo, però, deve seguire obbligatoriamente la sua funzione esecutiva, quella che ne consente la produzione.
Tuttavia alcune aziende affidano il design del prodotto all’ufficio progettazione interno. Che differenza c’è, dal suo punto di vista, tra l’opera di un ufficio tecnico e quella di designer scelto ad hoc all’esterno? Credo che la differenza sostanziale riguardi il punto di osservazione del progetto. Fermo restando che la componente tecnica è necessaria a ogni intervento, le “contaminazioni culturali” del designer consentono un approccio progettuale più ampio, rendendo maggiori le possibilità di soluzione.

Quali aziende, per lo più, richiedono l’ausilio di un designer? Si può attualmente individuare un settore più interessato di altri?
Non c’e una reale distinzione di settore e non fa la differenza nemmeno la dimensione dell’azienda. Esistono, invece, società più aperte culturalmente. Non è tanto il design in sé l’elemento discriminante, quanto il supporto integrativo che fornisce. Questo rappresenta quel valore aggiunto oggi richiesto al prodotto per essere di successo.

Quali sono le tappe e i tempi necessari alla progettazione?
La prima fase, come sempre, è quella di studio, in cui vengono analizzati gli input e definite le specifiche tecniche richieste. Dati e vincoli portano alle ipotesi delle soluzioni e delle fattibilità, al design generale e layout di progetto, alla pianificazione dei tempi di avanzamento con le prime analisi e ipotesi di costo. Congelata “l’architettura” della macchina, si passa alla definizione tecnica, eseguita in ambiente tridimensionale grazie ai più diffusi sistemi CAD. In fine vengono modellati parti e componenti per procedere al montaggio dell’assieme, alla stesura dei disegni costruttivi, degli sviluppi lamiera e della documentazione tecnico gestionale di accompagnamento per la produzione. Quanto ai tempi medi di sviluppo di un progetto, si va dalle sei alle dieci settimane.

Il design deve rispettare soprattutto le norme di sicurezza, l’ergonomia e l’innovazione: quale di questi aspetti ha oggi il posto più importante?
Un corretto intervento di Industrial Design è esattamente l’equilibrato insieme di questi aspetti.

Oltre la divisione preposta, anche la direzione interviene sul lavoro di design?
In realtà non esiste una divisione preposta ed è la direzione che dà il benestare ultimo all’intervento. Il responsabile commerciale spesso spinge l’intervento, mentre il tecnico lo supporta dopo averne vagliato l’affidabilità. Ovviamente è la proprietà a decidere.

Le normative da seguire sono uno stimolo o una gabbia per un designer?
Il designer necessita di vincoli e obiettivi chiari. La sua capacità sta proprio nell’essere in grado di risolverli nel miglior modo possibile. Le normative, così come i budget di costo e tutte le specifiche di progetto richieste, sono i vincoli necessari al designer per finalizzare il suo intervento.

A quale prodotto è particolarmente legato e perché?
Sarebbe facile dire il prossimo. Ci sono alcuni nostri interventi che considero più significativi di altri, dove design e qualità della carrozzeria in qualche modo “preannunciano”, sottolineano le qualità della macchina utensile. Un esempio vale per tutti. Qualche anno fa, abbiamo progettato la carrozzeria di una macchina per il confezionamento di cioccolatini, un settore diverso ma con identici vincoli di progetto. Si trattava di una macchina dalle straordinarie qualità, in grado di prendere e di avvolgere nella stagnola un cioccolatino al ritmo di 500 incarti al minuto, che poi veniva poi racchiuso in una scatola di plastica e alluminio. Noi, nel pensare alla nuova carrozzeria che l’avrebbe contenuta, nel vagliare le soluzioni progettuali ed estetiche, ci siamo dunque posti un semplice ma importante obiettivo: quella macchina doveva essere “rappresentata” dalla carteratura, che doveva saperne comunicare il valore intrinseco, la qualità prestazionale, l’affidabilità. Dunque chi guardava quella macchina doveva percepirne immediatamente le capacità. Ecco perché quindi un riuscito risultato estetico può diventare persino secondario se paragonato al valore comunicativo raggiunto dal prodotto finale. Credo che questo sia, in sostanza, il prezioso contributo che l’industrial design può dare.

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