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Conoscere, Comunicare, Convincere

Macchine Utensili - Intervista - Maggio 2010
Le imprese credono che il marketing esista per aiutare la produzione a smerciare i prodotti...È vero invece il contrario...Il marketing è il “compito a casa” che l’impresa svolge per capire ciò di cui il mercato ha bisogno e ciò che essa dovrebbe offrire...”(Philip Kotler)

Il marketing è l’elemento dominante della gestione di imprese tese a soddisfare bisogni e desideri della clientela. Esso mira a regolare i rapporti tra impresa e mercato, identificare i bisogni e i desideri dei consumatori, trovare soluzioni in grado di soddisfarli, procurare all’impresa profitti per remunerare la proprietà. Insomma, per raggiungere gli obiettivi di mercato stabiliti dalle imprese, si devono utilizzare un insieme di azioni comunicative dette di marketing.
Dopo aver stabilito i propri obiettivi di periodo e le proprie politiche di marketing, servendosi dei risultati dell’analisi della domanda, è possibile dare valore aggiunto al prodotto. Per fare questa scelta occorre tener conto dei vantaggi che il prodotto stesso produce, così come esso viene percepito dalla clientela e quali vantaggi ha rispetto ai concorrenti.
Ebbene, questa strategia si può adottare solo quando l’impresa è di grandi dimensioni o dominante sul mercato? Oppure vale anche per le piccole e medie imprese? Quanto conta l’innovazione dei prodotti se la stessa non viene adeguatamente comunicata? Se i prodotti non sono nuovi più di tanto, con la differenziazione diventano più attraenti? L’impresa deve difendersi dalla concorrenza o attaccarla?
Per mettere a fuoco queste e altre problematiche, abbiamo raccolto attorno a un tavolo sette preziosi interlocutori: Fusari Davide, direttore commerciale R+W Italia Srl (Sesto San Giovanni – MI); Girotto Adriano, direttore generale Komet Utensili Srl (San Giu-
liano Milanese – MI); Lucotti Vittorio, South-Europe Marketing & Communication Manager Industrial Division SKF(Torino); Perbellini Paolo, Direttore Sezione Industrial Design ed Engineering di Fishform (Villafranca – VR); Pomesano Maria Teresa, responsabile marketing Thermoplay Spa (Pont St. Martin-AO); Ruatta Alberto, direttore commerciale Filtra Srl (Robassomero – TO); Tacchella Claudio, direttore comunicazione e immagine Tacchella Macchine Srl (Cassine-AL). A moderare e stimolare il dibattito Oliviero Castellani, esperto di marketing e amministratore PR3 International srl, Milano.
Il workshop, ideato e organizzato dalle riviste “Macchine Utensili”, “Stampi” e “Utensili e Attrezzature”, ha avuto come obiettivi quello di dare ai partecipanti qualche “arma” in più per essere sempre più efficaci, magari anche minimizzando i costi; e di fornire a chi leggerà questo articolo qualche nozione di marketing operativo che emerge grazie all’esperienza di chi ha preso la parola durante l’evento.
Il valore della comunicazione nell’industria meccanica
Tema 1 – L’importanza del saper comunicare oggi, a prescindere dalla qualità dei prodotti e dall’efficienza dei processi. Il livello di riconoscibilità del “Marchio” e il suo riscontro in un mercato in cui, le necessità che nascono dalla concorrenza, tendono a fagocitare le qualità decantate gli uni rispetto agli altri.

Claudio Tacchella «L’azienda Tacchella Macchine realizza da sempre rettificatrici, che appartengono ad un settore di beni strumentali molto particolare. È comprensibile che, con circa novant’anni di attività, abbiamo toccato varie tipologie di prodotti e varie situazioni di mercato. Grazie alla comunicazione, abbiamo acquisito quote leader sul mercato delle nostre macchine a catalogo; da quelle definibili standard low cost rappresentate da macchine scelte in base alle loro capacità e tipologia operativa, che coprono esigenze produttive variegate fino a macchine o sistemi costruite tipicamente su commessa ovvero, derivanti da un tema tecnico del cliente.
Le macchine a catalogo nascono con determinati requisiti tecnici e sono destinate a diversi campi di applicazione; semplificando, chi le acquista verifica principalmente se possono soddisfare o no ciò di cui ha bisogno.
Le macchine su commessa hanno invece un iter opposto: il cliente propone il problema cioè il tema tecnico da rettificare e noi componiamo o meglio, progettiamo la soluzione; magari dobbiamo realizzare una soluzione per lavorare un albero motore, un cambio di velocità automobilistico, piuttosto che un compressore di un frigorifero, oppure un alberino di trasmissione dei diffusi trapani che ognuno usa a casa o sul posto di lavoro. Insomma, la macchina nasce in questi casi in base a un tema tecnico specifico.
Ebbene, in tutti questi anni abbiamo dovuto affrontare sia per una tipologia di prodotti sia per l’altra, la necessità di comunicare adeguatamente e tecnicamente i valori aggiunti di entrambi e nella variabilità di una gamma così ampia, assicuro che l’argomento è particolarmente impegnativo. Lo abbiamo fatto naturalmente con strategie mirate e in diversi modi: per esempio con una presenza costante nelle fiere o attraverso la pubblicità e gli articoli sulle riviste di settore che abbiamo ritenuto più idonee a comunicare non solo il prodotto, ma anche il valore aggiunto. In certe campagne pubblicitarie, nei nostri messaggi abbiamo cercato di mettere anche il cliente in condizione di fare dei confronti indiretti con i nostri competitori, con lo spirito ed il rispetto delle competenze e cognizioni di causa. Noi affrontiamo mercati internazionali che sono diversi e con competenze diverse e quindi moduliamo la comunicazione di un prodotto ad alta tecnologia adeguatamente con focus molto specifici».

Davide Fusari «R + W Italia è un’azienda che produce componenti per trasmissioni, giunti per accoppiamenti ecc. Questi prodotti hanno un approccio diverso rispetto a una macchina utensile, perché la competenza dell’interlocutore è molto difficile da misurare. Però, devo dire che non noto una carenza di competenza nella valutazione delle differenze tra il nostro prodotto e quello della concorrenza. Anzi, mi sembra che oggi determinate nostre caratteristiche siano apprezzate di più rispetto a una volta; per esempio tempi di consegna brevi, risposte sollecite, valore aggiunto di qualità in questo periodo sono molto apprezzati.
A proposito di marketing, per un componente è importante il canale internet, contrariamente a quanto avviene con le macchine utensili, difficilmente ricercate nel web, perché chi le vuole sa bene di cosa ha bisogno e dove andarle a cercare.
Naturalmente, utilizziamo altri canali come riviste di settore e fiere; per quanto riguarda queste ultime, ce ne sono troppe e facciamo fatica a tenere il ritmo, per cui stanno calando d’importanza, almeno per noi. Partecipiamo solo quando riteniamo che non se ne possa fare a meno».
Vittorio Lucotti «La posizione di SKF è più variegata, perché nell’ultimo decennio abbiamo cercato di diversificare il nostro posizionamento sul mercato, ampliando la base storica del cuscinetto e quindi integrandola con altre quattro piattaforme. Oggi, il nostro business va dal cuscinetto, attraverso tenute industriali, alla meccatronica, sistemi di lubrificazione e servizi di engineering. Quindi, in funzione della piattaforma su cui ci muoviamo, cambia la comunicazione. Nel settore del cuscinetto abbiamo oramai consolidato da anni una posizione di market-leader; qui adottiamo strategie di comunicazione di mantenimento tali da consolidare la suddetta posizione di leadership. Su certi altri settori come le tenute e la meccatronica, avendo ambizioni di crescita strutturata, dobbiamo adottare una comunicazione decisamente più aggressiva.
Per quel che riguarda la reattività del mercato e la competenza degli interlocutori, posso dire che per il cuscinetto è cresciuta moltissimo la conoscenza del cliente. Su prodotti tipo la meccatronica o sistemi di lubrificazione c’è ancora un gap da colmare piuttosto ampio tra la preparazione di chi produce e di chi acquista.
Dunque, per noi la comunicazione è importante e soprattutto in momenti di crisi chi aspira a posizioni di leadership sul mercato non può permettersi di ridurne le attività».
Alberto Ruatta «Filtra è un’azienda di piccole dimesioni che produce accessori per le macchine utensili, per l’esattezza impianti di filtrazione per i lubrorefrigeranti e di trasporto e trattamento del truciolo. Anche noi nel momento di crisi abbiamo dovuto intaccare il budget destinato alla comunicazione. Inoltre, nel momento in cui l’economia è in recessione, il ritorno della pubblicità è a rischio. Per compensare questa riduzione di budget, puntiamo su competenza, qualità del prodotto e assistenza post-vendita; così facendo, riusciamo a fronteggiare la crisi di mercato in maniera soddisfacente e a dare più valore aggiunto alla pubblicità/comunicazione che ancora facciamo».
Adriano Girotto «Komet utensili è la filiale italiana di un gruppo tedesco, che opera in tutto il mondo e si occupa di sistemi modulari per lavorazione di foratura, fresatura e alesatura in genere. Il cliente fondamentalmente riconosce il nostro marchio, che è stato impostato in modo da valorizzare la qualità dei prodotti, la competenza e la disponibilità a risolvere i problemi dei clienti, cosa che ci ha sempre contraddistinto.
Ritengo che sia una follia operare a basso livello di prezzo, perché fornire qualità, competenza e assistenza ha dei costi che devono essere coperti.
Komet utensili nel corso degli ultimi due anni ha presentato il concetto di “Fabbrica delle idee”, e per questo ha costruito nella nuova sede un’area specializzata a trattare le problematiche dei clienti e a fare formazione ai clienti stessi. Insomma, assieme alla produzione di utensili e attrezzature inventiamo nuove soluzioni ad hoc. In questo caso vale il discorso del signor Tacchella: infatti, c’è una parte di attrezzature standard per cui il cliente con il sistema modulare ottiene quello che vuole; c’è poi la risposta specifica per un certo tipo di problematiche. È inutile discutere di prezzo, perché così facendo ci sarà sempre il “cinesino di turno” che offre dai 5 centesimi a 1 euro in meno; se invece parliamo di competenza e di capacità nell’affrontare i problemi, il cliente ha tempo per prendere un caffè e ci inviterà a visitare l’officina e questa è davvero un’ottima comunicazione. La difesa del marchio deve essere fatta in questi termini, poi ci sono ovviamente le riviste specializzate e le fiere principali; le fiere locali le lasciamo ai nostri rivenditori. Per il nostro tipo di prodotto, la rivista più qualificata è “Macchine Utensili”.
Oggi non è sufficiente fare bene una cosa, è anche necessario farlo sapere: pertanto noi utilizziamo questa strategia di comunicazione non solo verso l’esterno, ma anche all’interno, tramite intranet, email, bollettini d’informazione, corsi e quant’altro».
Maria Teresa Pomesano «Bisogna tenere sempre sotto controllo tutto ciò che si può utilizzare per fare della comunicazione. In questo momento stiamo cercando di raggiungere anche i clienti dei nostri clienti. Thermoplay fa attrezzature per stampi, quindi si rivolge soprattutto agli stampisti, però vogliamo rivolgerci anche ai loro committenti, perché spesso soprattutto nelle aziende grandi sono loro che decidono quali dovranno essere i vari componenti da utilizzare nello stampo e di conseguenza possono decidere di scegliere un’azienda piuttosto che un’altra. In questo momento, oltre alle fiere di settore e alla pubblicità tradizionale, stiamo organizzando seminari in giro per il mondo, insieme a partner fornitori di stampi e utenti finali. Da questi eventi sono emersi spunti interessanti, non solo tecnici ma anche economici per superare la crisi.
Il titolo dell’ultimo evento era “Come si può risparmiare in Italia e in Europa per fare uno stampo”, un richiamo davvero allettante. In questo evento, l’associazione degli stampisti UCISAP si è rivelata un partner prezioso sia dal punto di vista organizzativo sia dal punto di vista della competenza.
Ci confrontiamo parecchio con le caratteristiche e i punti di forza dei nostri concorrenti e cerchiamo di dare il massimo a livello di prezzo, qualità e servizio.
Anche noi abbiamo un catalogo di prodotti standard, però per il nostro cliente è difficile scegliere il prodotto più adatto per una certa applicazione, dato che da un oggetto all’altro cambia lo stampo, cambia il canale caldo e quant’altro; dunque la nostra competenza per comunicare la configurazione del prodotto è preziosa».
Paolo Perbellini «Fishform si occupa di design e di progettazione di carrozzeria per macchine utensili. Abbiamo in questo caso una duplice missione, occupandoci in un certo senso sia di “comunicazione” per le aziende che di comunicazione relativa alla nostra attività. Praticamente, sono sia da una parte sia dall’altra parte della barricata. Intervenendo sulla carrozzeria della macchina utensile, ci occupiamo indubbiamente di comunicazione di prodotto attraverso il design che eleva di fatto la carrozzeria ad elemento di comunicazione delle prestazioni della macchina stessa.
Per quanto riguarda Fishform, ci troviamo nella condizione di comunicare all’esterno un tipo di attività che non riguarda la prestazione di un prodotto, bensì i vantaggi di un servizio/progetto e lo abbiamo fatto con le riviste di settore, per esempio su “Macchine Utensili”, collaborando anche a livello redazionale».
Come dire: il marketing si basa sull’analisi dei bisogni degli individui, delle organizzazioni, delle aziende e dei loro clienti. Questo primo aspetto del nostro work shop riguarda anzitutto l’individuazione, all’interno del mercato di riferimento, dei prodotti-mercato e dei segmenti già esistenti o potenziali. Di questi la comunicazione strategica misura l’attrattività in termini quantitativi, qualitativi e dinamici. L’attenzione ai clienti, in alcuni casi si progetta assieme ai clienti stessi o si ragiona assieme a loro o si fa formazione. Dopo di che si parla di servizio, prezzo, qualità e competenza.
Come distinguersi
Poiché la comunicazione è uno strumento indispensabile per esprimere chi siamo, fondamentalmente anche la concorrenza alla fine esprime gli stessi concetti.
Tema 2 Se la comunicazione deve diventare un valore per il marchio, ancorché riconosciuto o riconoscibile, in che cosa oggi, il nostro modo di comunicare ci permette di distinguerci dalla concorrenza? In che cosa oggi ci rendiamo riconoscibili rispetto alla concorrenza e cosa ci piacerebbe fare che ancora non abbiamo sperimentato?
Adriano Girotto «Noi, per differenziarci dagli altri cerchiamo di mettere in luce la capacità innovativa, tant’è che pubblicizziamo quello che ancora non è stato fatto, ma che stiamo realizzando, per dimostrare al cliente che guardiamo sempre avanti. Esempio: tutti producono alesatori plurilama, però ancora pochi o quasi nessuno produce un alesatore con inserti intercambiabili, che ruotano nella stessa posizione con tolleranze davvero minime.
Poi c’è l’aspetto dell’immagine. Da uno studio che abbiamo fatto recentemente è emerso che 8 concorrenti su 10 utilizzavano il colore blu o azzurro nel campo dell’utensileria. Noi siamo passati al bianco e nero con tonalità di grigio per dare un’immagine di sobrietà unita alla capacità innovativa. Unendo questo a un’adeguata campagna di comunicazione sui brevetti del gruppo Komet in alesatura, foratura e meccatronica abbiamo ottenuto ottimi risultati».
Claudio Tacchella «Il mercato ormai dà per scontato la qualità, perché la pretende dal concetto stesso del bene che vuole acquistare una rettificatrice. Dunque è un mercato che appiattisce? Che smussa magari volutamente tutte le cose? Qual è allora l’elemento che caratterizza le differenze? Per esempio, Tacchella ha fatto la differenza
per essere stata sempre disponibile alle personalizzazioni del cliente, a volte anche perdendoci in redditività della commessa stessa, nel senso che specializzare personalizzando il prodotto significa anche affrontare a volte delle avventure, che magari non sono in coerenza con i profitti attesi. Anche noi facciamo ricerca e innovazione continua, anche noi incessantemente lavoriamo per ridurre sempre di più la nostra unità di misura in lavorazione il micron facciamo prodotti standard modulari, gamme componibili di macchine, differenziamo il marchio, il colore ecc., però non siamo soliti ridurre i costi pubblicitari o di promozione. Ad esempio, per quanto ci riguarda non abbiamo mai rinunciato alla presenza alle fiere più importanti. Guai perdere di visibilità, guai non comunicare tecnicamente in maniera efficiente, soprattutto durante i periodi di crisi. Spero proprio che ci sia sempre un mercato che comprenda e premi queste differenze, altrimenti si vive solo d’immagine e nel nostro caso non sarebbe sufficiente».
Paolo Perbellini «Per fare comunicazione non ci sono solo le riviste. Preferisco adottare un mix d’interventi, che si rafforzino l’uno dell’altro e che tutti quanti insieme concorrino a una comunicazione globale. Ovviamente, bisogna fare uno sforzo per capire quali sono gli altri interventi.
Per quanto riguarda il discorso del design industriale, che è quello che mi coinvolge professionalmente, devo dire che i costruttori di macchine utensili lo hanno sempre visto in termini abbastanza riduttivi in termini di comunicazione, privilegiandone industrializzazione e funzionalità finale.
La carrozzeria in realtà è una parte del progetto generale della macchina, che aggiunge valore alla comunicazione, personalizzando e dando riconoscibilità al prodotto finale.
Tornando al discorso del mix d’interventi, nel nostro caso oltre alle uscite sulle riviste abbiamo un rapporto diretto con i clienti fatto di news, che lanciamo via internet ogni volta che esce un prodotto nuovo o quando abbiamo cominciato la collaborazione con un importante cliente. Tutti gli strumenti di comunicazione, fiere comprese, devono essere equilibrati e organizzati a monte. Una eventuale discontinuità potrebbe creare distonie percepite a livello di pelle anche dall’ultimo dei lettori».
Alberto Ruatta «Nella comunicazione ci sono messaggi comuni a tutti quanti, però le nostre aziende hanno dimensioni, budget e tipologie di clienti diversi, per cui ognuno deve sottolineare gli elementi della propria realtà. Filtra ha due tipologie di clienti: costruttori di macchine e utilizzatori. La nostra pubblicità non è rivolta ai primi, perché questi già ci conoscono, sono tecnici e sanno valutarci.
Gran parte del nostro business lo facciamo con gli utilizzatori e a questi indirizziamo i nostri sforzi di comunicazione. L’utilizzatore va catturato in maniera diversa. Recentemente in azienda c’è stato un cambio generazionale, stiamo rinnovando tutta la nostra immagine, stiamo provando sistemi nuovi e quant’altro».
Domanda – Sia più esplicito, ci faccia un esempio…
Alberto Ruatta «Stiamo ripensando tutta l’immagine, dal logo al sito internet alla brochure; stiamo sviluppando l’utilizzo di nuovi canali finora poco utilizzati, che ci consentano di sondare altri tipi di mercato. Pur essendo una piccola azienda, nel nostro settore siamo tra le più grandi, per merito dell’ampia gamma di prodotti e questa è una peculiarità assolutamente da comunicare. Vogliamo una nuova immagine, che trasmetta un senso di serietà e di presenza diversa rispetto ai nostri concorrenti, un sentimento di stabilità e di fiducia nei nostri clienti.
Facciamo ricerca e sviluppo, miglioriamo continuamente i prodotti in un contesto dove non c’è molta innovazione per le macchine, ma c’è n’è tanta nei processi. Dobbiamo pertanto comunicare questo nostro punto di forza».
Insomma, bisogna fare operazioni che consentono di comunicare ogni strategia di sviluppo e che colgono le opportunità esistenti sul mercato rappresentate sostanzialmente da bisogni insoddisfatti e che, tenendo conto delle risorse e competenze dell’impresa, offrano alla stessa un potenziale di crescita e di redditività attraverso l’acquisizione e il mantenimento di un vantaggio competitivo.
Comunicazione globale
Vittorio Lucotti «La comunicazione va intesa a 360°, quindi dal biglietto da visita del venditore e degli application engineer fino agli annunci sulle riviste e agli eventi che si organizzano. Noi abbiamo cinque piattaforme di prodotti, da quelli che il mercato talvolta considera “commodity” come gli anelli di tenuta, ai cuscinetti, che “commodity” certo non sono ma hanno raggiunto un loro plafond tecnologico di tipo asintotico, fino a prodotti con un margine di crescita ingegneristica ancora piuttosto avanzato, come la meccatronica, la linear motion, i sistemi di lubrificazione ecc. In quest’ultima fascia la leva utilizzata per comunicare con i clienti cambia profondamente. In ogni caso in SKF abbiamo scelto un approccio per tutte le piattaforme di prodotto che passa attraverso 4 fasi nel processo di comunicazione al mercato: informare, interessare, convincere e farsi ricordare.
Informare per noi vuole dire far sapere al cliente che c’è un certo prodotto; interessare significa illustrarne il benefit, per esempio far risparmiare il 30% in energia; convincere che c’è già qualcuno che lo ha fatto attraverso un testimonial; farsi ricordare, magari sviluppando un logo o quant’altro facile da essere ricordato a distanza di tempo. Per differenziarci dai nostri concorrenti, stiamo cercando di spostare la nostra immagine da produttore di cuscinetti a produttore di tenuta, di sistemi di lubrificazione, di meccatronica e di servizi di engineering. In questo modo, le conoscenze che sviluppiamo nel nostro interno imparando sulla nostra pelle e collaborando con il cliente non arrivano più da un’area sola, nel senso che ciò che imparo e riesco a sviluppare per il cuscinetto non considera solo l’attrito, ma anche la tenuta, la lubrificazione, l’engineering ecc. In pratica si tratta di una sinergia reale applicata alla conoscenza».
Davide Fusari. «Noi utilizziamo canali abbastanza standard di comunicazione, cercando di tenere una certa coerenza nel messaggio che diamo. Vogliamo che il cliente, all’interno della nostra ampia gamma di prodotti/proposte, trovi una soluzione che sia in grado di migliorare la sua applicazione. Desideriamo che a 360° il messaggio sia sempre forte per essere riconosciuti come l’azienda capace di risolvere il problema del cliente. Con questo filone otteniamo da tanti anni buoni risultati».
Maria Teresa Pomesano. «Per distinguerci dai nostri concorrenti, giochiamo sul fatto che noi non forniamo solo prodotti ma progetti e addirittura soluzioni alquanto complesse, quindi cerchiamo di sviluppare anche quello che non c’è ancora e che servirebbe per quella determinata applicazione. Poi, alla fine, il prodotto/soluzione speciale può diventare standard, cosa che è già successa. Il classico tempo di consegna ridotto in questi casi è realmente molto breve».
Dunque marketing strategico/globale e gestione dell’innovazione sono due attività particolarmente interrelate. Per creare una sorta di team d’innovazione all’interno di un contesto aziendale, è necessario che questo sia correttamente amalgamato con altre funzioni aziendali, che vanno dal marketing strategico alla ricerca e sviluppo, secondo le finalità che lo stesso team deve portare a termine e che il cliente vorrebbe.
Tema 3 – Comunicare il valore della propria azienda. La vostra esperienza.
Adriano Girotto «In questo momento di crisi e difficoltà, il cliente ha bisogno di certezze, quindi noi dobbiamo dargliele, ovvero affidabilità, capacità di soluzione del problema che lui ha, competenza che non deve mai mancare, assistenza ovunque vadano le sue macchine ecc. Noi questa sicurezza la comunichiamo e cerchiamo di darla ed è ciò che ci fa vincere la sfida anche con produttori conosciuti e più economici del 50%».
Vittorio Lucotti «I nostri clienti a loro volta sono venditori, quindi hanno un loro mercato. Noi non possiamo fare a meno di adattare il nostro messaggio in funzione dell’interesse specifico del cliente, il quale può vendere macchine equipaggiate con i nostri componenti in un mercato a bassa tecnologia, come in certi paesi dell’Est, oppure in paesi più esigenti come la Germania, la Francia, USA o la stessa Italia. È chiaro che forma, tipo e stile di comunicazione devono cambiare a seconda dell’interesse, della necessità e anche della sensibilità del mercato finale».
Davide Fusari «Il messaggio di convenienza non significa necessariamente esaltare il costo dell’oggetto. Noi, come piccola azienda, non abbiamo né la capacità né la possibilità di inventare nuove strategie di marketing, però cerchiamo di svincolare il nostro messaggio dal prezzo dell’oggetto stesso per arricchire il prodotto con soluzioni che il cliente si aspetta per risparmiare in produzione; brevi tempi di montaggio, assenza di usura e manutenzioni minime sono da sempre argomenti vincenti».
Paolo Perbellini «I concetti più sacrosanti da far passare sono quelli concernenti qualcosa di poco concreto come la descrizione o la prestazione di un pezzo – e poco tangibili, come ad esempio l’affidabilità. È vero che dobbiamo capire che cosa si aspetta il cliente dalla comunicazione, ma credo che gli elementi che tendevano a valorizzare la prestazione tecnica oramai siano abbastanza inconsistenti, perché ci sono una miriade di prodotti che si equivalgono anche da un punto di vista commerciale, quindi di costo. Per esempio, per le automobili nessuno parla più della prestazione del motore; tutta la comunicazione punta sull’affidabilità, che non è un concetto concreto e va al di là delle prestazioni tecniche e del prezzo del prodotto».
La comunicazione richiede un processo
Tema 4 – Come analizziamo e costruiamo il processo comunicativo per attirare i clienti? Siamo ancora orientati alle vecchie scuole di marketing, dove ognuno pensa quello che i clienti vorrebbero sentirsi dire oppure cerchiamo di cogliere le loro istanze e la loro voce, trasformandole in messaggi in cui si riconoscano?
Claudio Tacchella «È una lotta quotidiana, l’attrazione cambia continuamente: oggi il prezzo, ieri la tecnologia, l’altro ieri l’affidabilità che oggigiorno è scontata oppure relativa o addirittura una percezione, se la metto in comunione col prezzo. Una frase già fin troppo sentita dire è ad esempio quella che alla fine il prodotto cinese, se pur meno affidabile, costa talmente poco che se dovesse rompersi una sola parte, conviene sostituirlo. Purtroppo, noi non facciamo beni di consumo, ma beni strumentali ad alta tecnologia, prodotti che il mercato premia il marchio in periodi di economia normale e strumentalizza in quelli di crisi magari per ricordare sempre che il prezzo deve essere competitivo, allineato ecc.; ma tutto questo è nella natura delle cose».
Comunque, il marketing è l’organizzazione di una strategia di vendita e di informazione, che ha per obiettivo quello di rendere note e valorizzare presso i potenziali acquirenti le qualità distintive rivendicate dal prodotto offerto.
ema 5 – Allora, pur consci di queste difficoltà, come facciamo a farci scegliere?
Maria Teresa Pomesano «Quando si compra un’attrezzatura prodotta in Cina principalmente per risparmiare, si deve tener in considerazione una serie di costi aggiuntivi che vanno sommati al costo iniziale: costo del trasporto, tempi di consegna, tempi di intervento per la riparazione e tempi di consegna delle parti di ricambio. Per questi motivi molte volte non è assolutamente conveniente rivolgersi a fornitori asiatici, con evidenti problemi di comunicazione, cultura e burocrazia, che allungano notevolmente i tempi di analisi ed intervento.»
Vittorio Lucotti «In ogni caso non bisogna parlare semplicemente di prezzo, ma dobbiamo parlare di prezzo totale, perché il prezzo in fattura è sicuramente quello meno rilevante. Quando si vende o si compra un bene ad alto valore aggiunto di tecnologia, bisognerebbe parlare di “prezzo totale”, che comprende il costo del prodotto, il costo di approvvigionamento legato alla reperibilità di un prodotto e ai suoi tempi di consegna, il costo di fermo macchina e di mancata produzione quando un componente si rompe e quant’altro».
Claudio Tacchella «Ogni azienda nel suo programma di comunicazione dovrebbe sempre evidenziare il concetto di ciclo di vita di un prodotto nel suo complesso; questo è un ottimo argomento di vendita, soprattutto se abbinato alla questione del marchio CE e quindi della conformità alla direttiva macchine. Il tutto, ovviamente, deve essere agli occhi dell’acquirente confrontabile e dimostrabile tra i vari competitori sui quali lui è chiamato a decidere».
Alberto Ruatta «Le nostre aziende sono costrette a selezionare automaticamente i propri clienti. Noi non abbiamo concorrenza dall’Est asiatico, però abbiamo concorrenti italiani che praticano prezzi…come dire…degni di cinesi e indiani; e abbiamo certi clienti che rischiano, perché non fanno il ragionamento del costo totale del prodotto. Se va loro male ritornano da noi, se invece per la loro esigenza sono soddisfatti, continueranno a comprare il componente più economico e per noi sono clienti persi. Allora, c’è anche questa difficoltà da valutare, per noi che puntiamo alla qualità e al costo totale del prodotto. Oggi, molti nostri clienti cercano di spendere poco, perché sanno che i loro concorrenti fanno magari una qualità inferiore e, pur di stare sul mercato, accettano anch’essi di ridurre la loro qualità».
Adriano Girotto «Noi siamo i principali costruttori di macchine transfer con teste meccaniche e i clienti preferiscono utilizzare il nostro prodotto, perché sanno che quanto meno non ha bisogno di manutenzione per lungo tempo. Sanno che acquistando qualche cosa di più economico correrebbero dei rischi. Questa situazione si accentua ancora di più se la macchina finisce in un paese dove non c’è assistenza. Dunque, bisogna dare al cliente la soluzione di cui ha bisogno al giusto prezzo, questa è l’unica strategia che ci consente di sopravvivere, perché ci sarà sempre qualcuno che offre a meno. Viviamo in una situazione di mercato estremamente competitiva. O ci mettiamo in condizione di fornire al cliente ciò che lui si aspetta a condizioni competitive oppure non abbiamo la possibilità di sopravvivere, al di là della questione comunicativa».
Maria Teresa Pomesano «Il fatto che subiamo una concorrenza cinese per la maggior parte di macchine e attrezzature da noi prodotte in Europa, denota che in Cina esiste un mercato in crescita, in cui anche noi europei possiamo quindi entrare. Noi stiamo aprendo una filiale tecnico-commerciale in Cina, per esigenze di tipo diverse, per vendere in loco abbattendo i costi di trasporto, ma soprattutto perché la presenza diretta in questi mercati facilita i contatti e agevola l’acquisizione di nuove commesse».
Bene, il nostro marketing si sta trasformando a poco a poco in una sorta di approccio attivo, di conquista dei mercati esistenti e il suo orizzonte d’azione si situa nel breve-medio termine e pare centrato sulla realizzazione di un obiettivo di volume d’affari, basandosi su mezzi tattici derivanti dalle varie politiche di prodotto, distribuzione, prezzo e comunicazione.
Abbiamo parlato di relazioni con il cliente e ci siamo detti anche come siamo fondamentalmente bravi a riuscire a tenere o a passare il concetto. Prezzo da una parte, qualità dall’altra, non qualità intesa come qualità di prodotto, ma come elemento qualitativo nell’essere percepiti a tutto tondo.
Idee per farsi apprezzare
Tema 6 – La coerenza della comunicazione: sapere comunicare realmente la propria attività trasferendo al cliente quello che realmente deve emergere.
Adriano Girotto «Ripeto, per quanto ci riguarda, abbiamo scelto la strategia “fabbrica delle idee”, nel senso di offrire la capacità di affrontare assieme al cliente i suoi problemi ed essere competitivi insieme a lui in tutto il mondo. Questo concetto viene percepito molto bene dai clienti, i quali a volte magari sono costretti a non scegliere perché, per un insieme di circostanze, l’amministrazione taglia i costi, ma in cuor loro sanno che questa è la scelta sbagliata. Poi ne pagano le conseguenze, e dicono che in quel momento non potevano fare diversamente. Purtroppo, le aziende hanno sempre meno personale in grado di giudicare tecnicamente, quindi è importantissimo per loro avere un interlocutore che dia affidabilità».
Tema 7 – Come trasferire il concetto di plus tecnologico partendo dal presupposto che ci sono interlocutori sempre meno preparati tecnicamente.
Vittorio Lucotti «All’interno di ogni azienda ci sono parole e concetti che vengono utilizzati come “headline” e che hanno l’obbiettivo di fornire una specie di biglietto da visita dell’azienda stessa. Noi presentiamo SKF come “knowledge engineering company”, perché forniamo una multipiattaforma di conoscenza ingegneristica».
Claudio Tacchella «Il concetto è sempre lo stesso: i clienti si rivolgono a noi, perché diamo la macchina che svolge il lavoro di cui hanno bisogno con costi bassi di esercizio e assistenza immediata. Questo è sempre stato il motivo che ha spinto il cliente a scegliere un fornitore piuttosto di un altro».
Davide Fusari «Bisogna comunicare il plus tecnologico, ma una buona comunicazione va fatta già internamente all’azienda fornitrice. Le difficoltà più grosse, soprattutto nei nostri panni che produciamo e vendiamo componenti, è mettere la rete vendita nelle condizioni di dare all’unisono al mercato il medesimo messaggio che abbiamo deciso a priori. Non è facile trovare armonia interna in questo senso, cioè avere una rete vendita omogenea».
Tema 8 – Comunicare attraverso le riviste: focalizzare di più il marchio in quanto tale o le caratteristiche di un prodotto nuovo? Su cosa puntare? Sul plus tecnologico, sulle novità, sul restyling? Il nostro non è il campo dei servizi, bensì dei prodotti; possiamo vendere affidabilità, idee, ma alla fine risolviamo tutto attraverso i prodotti.
Adriano Girotto «Noi puntiamo sulla sfida; l’ultima campagna pubblicitaria è stata: “spingiamoci oltre”, metti in luce le caratteristiche che ti fanno fare un salto di qualità».
Paolo Perbellini «Chiunque faccia o un prodotto o un servizio di qualità, spera in una valutazione culturalmente elevata del proprio cliente nei confronti del prodotto o del servizio stessi. Se io avessi a disposizione un grandissimo budget di comunicazione, comincerei a cercare di innescare quei meccanismi che portino il mio potenziale cliente a valutare adeguatamente le mie proposte da un punto di vista anche culturale. In una seconda fase, metterei in risalto gli elementi necessari, affinché lui valuti me, cioè il suo interlocutore. Insomma, farei in modo che quando al mio interlocutore potenziale arriva il messaggio vero, lui sia predisposto a riceverlo. Se non do al cliente questi mezzi, è probabile che lui faccia una scelta diversa e quindi potrebbe puntare sul prezzo, senza andare a scavare nei motivi per cui il prodotto costa poco».
Tema conclusivo
“Commette uno sbaglio, chi non vuole investire in comunicazione”
ha detto provocatoriamente Claudio Tacchella, anche se in certi momenti bisogna ridurre. Siamo tutti d’accordo che comunicare è fondamentale, indipendentemente dalle differenze aziendali, ed è fondamentale che a volte occorre tagliare oppure che la direzione non dà il budget. Se noi dovessimo dire al direttore finanziario, sulla base di quanto è emerso da questo Work shop, perché è importante che lui non solo non ci tagli il budget, ma che noi si comunichi con il nostro mercato anche a livello istituzionale, che elemento utilizzeremmo per convincerlo?
Vittorio Lucotti «Niente che non sia già stato detto. Ribadisco comunque che, pur nella consapevolezza doverosa che i momenti difficili devono essere affrontati con il più assoluto rigore, bisogna però tener presente che il business cresce e viene indirizzato solo se si mantiene al di sopra di certi limiti la capacità di comunicare al mercato. In caso contrario il meglio che si possa ottenere è di passare dalla recessione alla stagnazione.»
Conclusione
La strategia sulla quale più o meno tutti sono d’accordo consiste nel definire gli obiettivi da conseguire in termini di quota di mercato, posizionamento ricercato, tattica da adottare, nonché nell’elaborazione di un budget idoneo al raggiungimento di tali obiettivi, per ogni marchio facente parte del portafoglio di prodotti dell’impresa.
La pubblicità e la promozione occupano uno spazio determinante, proprio per questo, è l’aspetto più spettacolare e più visibile del marketing, che è il braccio commerciale dell’impresa, senza il quale il migliore piano strategico non potrebbe avere risultati soddisfacenti.
È un’importante strategia di marketing conoscere i propri concorrenti per difendere o migliorare la propria posizione. Punto di forza di un prodotto deve essere la differenziazione, cioè deve avere proprie caratteristiche tali, che lo facciano essere diverso dagli altri. E bisogna farlo sapere.

Macchine Utensili Workshop Giugno 2010

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